lunedì 25 ottobre 2010

Dedicato al siamese Pongo


P. era un micio randagio; ieri mattina è stato soppresso, ormai consumato da un male che non perdona. La sua storia, assolutamente vera nella parte finale … deve farci riflettere che un animale non è un gioco, ma un essere vivente degno di rispetto e di amore, portarsene a casa uno significa voler iniziare un rapporto che comporta certamente dei sacrifici, ma che non sono nulla, paragonati all’amore con cui verrete ricambiati dal vostro amico a 4 zampe. Voglio ricordare P, micio speciale, dedicandogli questo post.
Venire a questo mondo fu un’esperienza magnifica: avevo dei fratellini e delle sorelline ed una mamma che mi riempiva di attenzioni, i miei primi giorni li trascorsi dormendo giocando e abboffandomi con il latte di mamma gatta, anche gli umani che ci ospitavano erano molto gentili, insomma ero felice. Poi, un giorno, un brutto giorno, venne un umano che mi mise in una gabbietta, mi allontanò dalla mia famiglia, e mi regalò ad una umana; all’inizio lei mi riempì di attenzioni e con la dolcezza allontanò la naturale diffidenza che provavo nei confronti degli uomini.
Passavano i mesi e crescevo: non ero più un cucciolo ma uno splendido siamese, solo che l’umana con cui vivevo non apprezzava tutto ciò … per lei non rappresentavo più il piccolo giocattolo da vezzeggiare, ma uno scomodo “oggetto” al quale bisognava, non solo dare da mangiare e da bere, ma addirittura cambiare la lettiera perché a me non piaceva fare i bisogni nello sporco e poi rappresentavo … un sacrificio immane: non poteva andare da nessuna parte perché c’ero io, e pensare che cercavo in tutti i modi di dimostrarle il mio affetto, mi accoccolavo tra le sue braccia e lei mi allontanava, mangiavo e lei si lamentava, sporcavo e lei urlava … ormai ero diventato solo un inutile peso.
Una mattina mi mise in una gabbia e mi portò lontano, mi fece uscire e mi abbandonò in un prato senza neppure degnarmi di un ultimo sguardo, cercai di rincorrerla, ma la scatola di metallo con cui mi aveva portato fu veloce di me, pensai di ritrovare la strada casa, ma come? Ben presto capii che ero solo … dovetti imparare a sopravvivere raccattando gli avanzi che qualche umano mi allungava ed evitando i calci che qualcuno mi regalava quando mi avvicinavo, quando pioveva mi rifugiavo sotto i rami acciambellandomi per patire meno il freddo, quando c’era il sole mi allungavo per scaldarmi con i suoi raggi … però questa vita aveva provato il mio aspetto e gli umani più che darmi del cibo, non mi lesinavano i loro calci.
Poi delle umane mi diedero da mangiare e mi portarono in una casa, dove trovai altri miei simili imprigionati, anch’io venni messo dietro le sbarre eppure non avevo fatto nulla di male, a meno che vivere sia un delitto per noi gatti! Pazienza, almeno mangiavo anche se sentivo dei dolori alla pancia e qualcosa di strano sul collo, ma pensavo che prima o poi sarebbero finiti.
Dopo alcuni giorni comparve un umano che, dopo avermi messo nell’ennesima gabbia, mi portò a casa sua: li trovai una famiglia, ma anche altri tre gatti che non si rivelarono molto socievoli, per fortuna che avevo trovato un’umana che mi riempiva di attenzioni, mi accarezzava, mi coccolava, mi dava da mangiare e mi proteggeva dai miei simili … quanto era bello aspettarla per accoccolarsi accanto a lei e sentire la sua voce!
Era finito il mio incubo! Almeno così pensai, ma … una mattina di ottobre la famiglia mi portò da un tipo con un camice verde, il quale mi visitò e scosse il capo, la mia nuova famiglia pianse … cos’era successo? Mi domandai, il resto lo capii dopo: la famiglia se ne andò - sempre piangendo - ero di nuovo solo, l’uomo con il camice si avvicinò: un ago entrò nella mia pelle, subito fui pervaso da un senso di stanchezza, volevo fuggire, avevo paura, mi doleva la pancia, avevo ritrovato la felicità, quella umana mi voleva bene, anch’io le volevo bene, la conoscevo da poco, cosa stava accadendomi … che confusione, che sonno, perché sono cosi stanco? Poi il mio cuore cesò di battere e tutto divenne buio … qui finisce mia storia.
Hurricane 53

un grazie all'amica Marina per avermi inviato questo scritto. Mi ha commosso molto.

5 commenti:

  1. Un bacio a Pongo...capisco quanto sia difficile accettare tutto questo... il ricordo di un esserino così dolce non svanirà mai! Un abbraccio a te e alla tua amica Marina.

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  2. Ciao Roby mi hai commosso tanto ,guarda, ma proprio tanto! Povero micione!!Un bacio grosso!

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  3. Ciao Antonella Ciao Rita si povero micio.

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  4. Ho perso il mio siamese di 20 anni da 2 settimane, Pongo si chiamava ...

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